L'art. 1469 bis n. 13 tra presunzione di vessatorietà e facoltà di recesso. Cassazione Civile, Sezione III, sentenza del 18 settembre 2007, n. 19366.

1. In base all’articolo 1469bis, terzo comma, n. 13 cod.civ. si presume vessatoria fino a prova contraria la clausola che consente al professionista di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto. Tuttavia l'applicazione della norma dell'art. 1469 bis, terzo comma, n. 13 cod. civ. resta esclusa qualora le parti abbiano previsto che il professionista possa variare in aumento il prezzo del bene o del servizio ovvero quando la variazione suddetta sia stata collegata dalle parti a clausole di indicizzazione se­condo le modalità indicate.
 
2. In caso di operatività della norma dell'art. 1469 bis, terzo comma, n. 13 cod. civ., l'incremento eccessivo e non giustificato del prezzo non ha la valenza di elemento che incide sulla causa del contratto e che determina lo squilibrio, tra le rispettive prestazioni (l'aumento oggettivamente eccessivo rispetto al prezzo iniziale non suppone necessariamente che, nell'economia complessiva del rapporto, ne risulti necessariamente alterato l'aspetto funzionale della adeguatezza delle rispettive prestazioni), ma l'incremento in tale misura va considerato quale presupposto di legittimazione all'esercizio della facoltà di recesso del consumatore, per cui la norma predetta significa che gli aumenti del prezzo possono essere praticati ad libitum del professionista sino alla soglia dell'eccesso, la quale, se non è stata definita in anticipo dalle parti, deve essere verificata dal giudice in sede di contestazione dell'efficacia della clausola.

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