Sulla natura solidale della responsabilità derivante da occupazione appropriativa. Cassazione Civile, Sezione I, – sentenza del 9 ottobre 2007, n. 21096.

L’illecito in cui consiste l’occupazione appropriativa è la realizzazione dell’opera pubblica senza che sia emesso il rituale decreto di esproprio. Ciò posto, in tema di realizzazione di opere stradali, a fini dell’individuazione del soggetto obbligato al risarcimento del danno da occupazione appropriativa, la delega al compimento delle operazioni espropriative non esime il delegante dai poteri di controllo e di stimolo dell'attività del delegato, il cui mancato o insufficiente esercizio vale a rendere l'ente stesso corresponsabile dell'illecito, sicché spetta al delegante l'onere di allegare e dimostrare di aver esercitato i propri poteri di controllo e di stimolo, conseguendone che il fatto stesso della mancata tempestiva emissione del decreto di esproprio nel termine di durata dell'occupazione legittima è sufficiente a far presumere, in assenza di contrarie risultanze processuali, il mancato esercizio di tali poteri, ben potendo estendersi il disposto dell'art. 2 1. 7.2.1961 n. 59 e dell'art. 8 reg. 25.5.1895 n. 350, che impone all'Anas il controllo sull'esecuzione dei lavori, anche alle procedure inerenti l'acquisizione dei suoli necessari alla realizzazione delle opere di viabilità. Pertanto per individuare i soggetti tenuti a risarcire il danno da occupazione appropriativa si applicano i principi della responsabilità extracontrattuale avendo l’obbligazione natura solidale e potendo il proprietario del fondo, per ottenere il risarcimento, rivolgersi indifferentemente contro ciascuno oppure soltanto alcuni dei soggetti che hanno preso parte alla vicenda.

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